Carol e gli incontri che cambiano la vita

Un’elegante donna bionda con una pelliccia, un copricapo rosso intonato al foulard e alle sue unghie smaltate, si muove all’interno di un affollato negozio di giocattoli in cui adulti e bambini frettolosamente si spostano. Dietro il bancone, una giovane con in testa il tipico cappello di Babbo Natale, a suggerirci il periodo natalizio, aspetta di iniziare la giornata lavorativa. Ad un tratto la ragazza nota con stupore e in lontananza, davanti una teca con un trenino elettrico, la raffinata signora. Per un secondo, una frazione impercettibile, i sguardi si incrociano per poi svanire immediatamente. La donna “imbellettata” scompare. Di colpo, però, quest’ultima si avvicina, ed eccole lì, una di fronte all’altra, per la prima volta. Il brusio delle persone e i rumori esterni accompagnano l’incontro tra Carol (Cate Blanchett) e Therese (Rooney Mara), fatto di un veloce scambio di battute tra cliente e commessa. Sarà la dimenticanza (voluta?) di un paio di guanti da parte di Carol a dare inizio alla loro intensa relazione.

CATE BLANCHETT e ROONEY MARA in CAROL

Queste sono le prime sequenze di Carol, film del 2015 di Todd Haynes. La trama non è nuova e rivoluzionaria: il nascere di un amore saffico non è soggetto sconosciuto al cinema, mainstream o d’autore. Ad essere davvero interessante e coinvolgente è la delicatezza manifesta con cui il regista racconta un legame garbato, gentile, tra due donne apparentemente fragili ma in realtà saldamente consce della propria natura.

Viene trattata l’omosessualità femminile, un argomento scomodo, oggetto di critiche valutazioni ancora oggi, totalmente indicibile negli anni Cinquanta, dove la donna era vista solo nel suo ruolo primigenio di madre e moglie fedele, corpo asessuato privo di qualsivoglia pulsione erotica. Unico destinatario delle pudiche e mai alterate attenzioni? ovviamente il marito, beneficiario di libertà inaccessibili al mondo femminile. La coniuge,infatti, doveva quasi ritenersi fortunata di essere oggetto delle sue attenzioni.

Haynes trae il nucleo narrativo dal romanzo del 1952, The Price of Salt di Patricia Highsmith (pubblicato con lo pseudonimo di Claire Morgan), trasformandolo in una contemporanea educazione sentimentale e storia dell’evoluzione dello sguardo. E’ proprio lo sguardo il motore, la lente con cui il film progredisce, concorrendo alla formazione di un’intelaiatura complessa, fatta di occhiate consapevoli ed altre ignare, in vie di comprensione. La giovanissima Therese, attraverso l’osservare l’amata, il suo corpo, impara a guardare e, soprattutto, a guardarsi.

La straordinaria bellezza, la finezza sfacciata delle protagoniste, nei lineamenti,nel portamento leggero e spoglio da ogni possibile caratterizzazione di genere, contribuiscono a rendere Carol tenero, delicato e trasognante. Le luci soffuse che velano la messa in scena e la patinatura dei colori brillanti affievolite da flebili ombreggiature, fanno immergere lo spettatore in un vicenda che sembra essere il frammento di un ricordo. Anche la ricostruzione storica e sociale è meticolosa ed avvolge autenticamente una vicenda di spiacevole privazione ma di acuta speranza.

FRAME from CAROL

Carol rappresenta un altro meraviglioso tassello della filmografia “senza pregiudizio” del regista Hayns e si aggiunge al glamour e coloratissimo Velvet Goldmine (1998), ispirato dalla figura di David Bowie, e allo struggente Far From Heaven (2002), sulla difficile condizione una moglie costretta a fare i conti con l’omosessualità del marito nell’America di fine anni Cinquanta. La volontà dell’autore, anche in questo caso, è chiara: aprire un altro mondo e chiedere a chi lo guarda di entrarvi senza alcuna forma di preconcetto.

E proprio come dice Carol: Mia Cara, niente accade per caso.

Miriam Raccosta