In questo ottobre halloweeniano e gotico le Teste d’Uovo si sono divertite a trasformarsi in #testedizucca e a trovare in ogni ambito culturale spunti di riflessione sul tema. Fra questi non può ovviamente mancare il teatro. E cosa c’è di meglio in questo mood se non immergerci fra orrore e macabro al Grand Guignol?

Cos’è il Grand Guignol?
Anche se colui che per noi è ormai un punto di riferimento, d’incontro e somma sapienza, Silvio D’Amico, criticò molto questo teatro, sottolineandone i limiti, il Grand Guignol fu in realtà un luogo grandemente prolifico.
Nasce nella Parigi di fine Ottocento, un momento fra i più aurei per la città, nel quartiere Montmatre, il quartiere degli artisti, nel 1897.
Rimase attivo fino agli anni Sessanta e che col tempo si diffuse anche fuori dai confini francesi.
Si specializza ben presto in spettacoli macabri e violenti, al punto che l’aggettivo “granguignolesco” o anche “granghignolesco” è diventato nel tempo sinonimo di macabro o cruento.

Come nasce
Il guignol è una marionetta creata a Lione (su imitazione dei burattini italiani) da Laurent Mourguet, che rappresenta un canut, cioè un operaio di setificio. Questa figura divenne così popolare in tutta la Francia che il suo nome significa oggi burattino in genere.
Il teatro venne fondato da Oscar Métenier e rispetto ai canoni ai quali siamo abituati era relativamente piccolo, poteva infatti ospitare un massimo di 300 persone (un po’ come la capienza al 50% degli ultimi mesi). Ma la poca capienza non intimoriva il pubblico, tanto da registrate ogni sera il tutto esaurito.
Il principale scrittore per il Grand Guignol, oltre al fondatore, fu André de Lorde, che ha firmato circa cento opere per il teatro.

Gli spettacoli fra horror e sangue
Rispecchiando il Naturalismo dell’epoca, la cifra stilistica che rende unico questo teatro è in realtà la verosimiglianza. Difatti, pur trattando tematiche horror, macabre e violente, si distacca dal fantastico e inverosimile. Abbraccia così anche un’altra corrente dominante dell’Ottocento, il Positivismo, quel credo assoluto in ciò che è dimostrato, scientifico, certo. Tutte le rappresentazioni includevano morti in scena, omicidi, smembramenti assolutamente realistici, resi ancor più evidenti da sofisticati (almeno per l’epoca) mezzi scenici. Con una notevole quantità di sangue finto che Saw scansate.
Gli spettacoli si servivano spesso di effetti speciali e puntavano l’attenzione sulla potenza delle immagini crude, su innocenti che soffrono, senza farsi mancare infanticidi, pazzia e vendetta. Spesso venivano anche rappresentate scene di sesso e perversione.

Gli spettacoli di questo teatro erano quasi sempre atti unici, brevi che potevano essere ripetuti più volte durante una stessa serata. Venivano narrate storie di efferati delitti caratterizzati da questo realismo molto marcato e crudo. Protagonisti erano infatti violenza e sangue e le storie erano spesso ambientate nei vicoli bui delle città dell’epoca.
Fra orrore e macabro al Grand Guignol
Anche il design stesso del teatro (che Diego Thomas non avrebbe approvato) rispecchiava le tematiche d’ansia costante degli spettacoli. Il palcoscenico era caratterizzato da uno scenario claustrofobico, la lunga sala circondata da muri ricoperti di scure tappezzerie. Un’aria stracolma di angoscia e paura.

La morte del Grand Guignol
Negli anni in cui il teatro stava conoscendo il suo maggiore successo, iniziava a diffondersi un altro mezzo di intrattenimento: il cinema. In particolare l’affermarsi del cinema dell’orrore, soprattutto del genere splatter (che al Grand Guignol deve molto), decretò la fine di questo mondo. La sua ultima rappresentazione si tenne il 5 gennaio 1963.
Ma sapevate che nel 1994 il teatro venne ricreato negli studi cinematografici dove si girò Intervista col vampiro, il film tratto dal romanzo di Anne Rice?
Continuate a seguire Teste d’Uovo!
Noemi Spasari