L’epifania di una Storia: “Kedda dì” di Nico Sciacqua e Giovanni Gentile

Vedi, in questi silenzi in cui le cose

s’abbandonano e sembrano vicine

a tradire il loro ultimo segreto,

talora ci si aspetta

di scoprire uno sbaglio di Natura,

il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,

il filo da disbrogliare che finalmente ci metta

nel mezzo di una verità

Eugenio Montale

In Terra di Bari, le antiche maledizioni solitamente riaffiorano nella memoria con il comune incipit “kedda dì”, “quel giorno…”. Proprio quello in cui si incontra tal dei tali, in cui accade un evento inaspettato, quel momento in cui il tempo è davvero scaduto. Un giorno che non è benedetto dallo Spirito, un volo di uccelli che per gli àuguri rappresenta l’Apocalisse. 

La sera del 6 agosto è umidamente torrida a Casamassima, nel cuore della Puglia dove sul palco allestito nel cortile della scuola elementare Marconi, in uno spazio recuperato per far rivivere la cultura nei piccoli borghi, inizia la storia impolverata dal tempo di Lucia, una donna barese. È scritta su un diario rosso, conservato in un baule al centro della scena, uno dei pochi elementi presenti oltre l’invisibile sipario. Il suo sogno alla ricerca di un amore vero si trasforma nell’incubo di una violenza di branco subita. Il percorso lungo la via della redenzione e del perdono si annoderà alle tradizioni e alle credenze popolari fatte di religiosità, di santità e magia.  

Il verbo luminoso di questa fabula dolceamara è reso visibile dalla voce corporea di Nico Sciacqua, unico interprete in scena e autore del testo scritto in dialetto barese. Una lingua nuda e crudele, poetica e lucida, spesso senza convenevoli e romanticismo.

Lucia non maledice come la fosca invettiva romagnola di Alcina, personaggio leggendario, mirabilmente incarnato dalla voce di Ermanna Montanari per il Teatro delle Albe; Lucia si arrende alla purezza di uno sguardo che mira altrove, che dalla croce guarda in basso e con rassegnazione pronuncia lucidamente: “questi vogliono miracoli e ricchezze ma non fanno nemmeno una carezza”.

È un’ora e un quarto o poco più di toccante sospensione, in cui il pubblico è aggrappato alle labbra e al movimento dell’attore, grazie alla meticolosa regia di Giovanni Gentile, con la supervisione artistica di Barbara Grilli. Lo spettatore sorride di fronte al cantastorie Sciacqua, affascinato dall’atmosfera di Bari Vecchia che ben riconosce nel linguaggio prorompente e stretto, come le viuzze del centro in cui bestemmie si mescolano a parole d’amore. Ma smorzato è il riso dalla crudeltà di una storia senza pace, di una donna più forte della sua stessa sorte. E dentro di lei si rispecchia il debole, il fragile, il nascosto, colui che fa abbassare lo sguardo per la vergogna. Qualcuno nel buio della platea si commuove e alla fine applaude in piedi sotto un cielo puntellato di stelle. Una è più luminosa delle altre, forse è quella di Lucia, una donna come tante, ma che questa sera ha suggellato il bagliore di un’epifania.

Crediti:

Collettivo Teatro Prima di Bari

Keddà di

di Nico Sciacqua

con Nico Sciacqua

Regia: Giovanni Gentile

Supervisione artistica: Barbara Grilli

Gabriella Birardi Mazzone