Caro Gigi, per tutti Gigi Proietti,
Oggi dovrebbe essere un giorno importante, il 2 novembre, quello della tua nascita. Ma chissà perché, un anno fa, “te ne sei voluto annà”, facendo un bello scherzo di novembre che sembrava quasi il 1 di aprile.

Oggi metto nero su bianco in questi spazi ben definiti alcuni pensieri, perché come Emanuele Trevi ha segnato nel suo capolavoro Due Vite, se sentiamo la mancanza di qualcuno il miglior modo per colmarla è quello di scrivere.
Allora provo a farlo con questa lettera che, chissà da qualche parte nell’universo, spero possa giungerti.
Come una specie di deserto solitario del profondo West, con i teatri che stavano chiudendo i battenti a causa dello sconvolgimento pandemico, ci hai lasciato vagare solitari alla ricerca della tua risata aperta e a 36 denti.
Con quel pizzico di struggente nostalgia, abbiamo rivisto i tuoi cavalli di battaglia, il capolavoro di “A me gli occhi, please” nelle versioni epocali degli anni Settanta e del Duemila, dagli albori teatrali alla maturità, di chi ha fatto della comicità un mestiere ed una sfida sudata e concreta.

Quello che amo di più di te era lo spirito da combattente ed ammaliante mago della scena, che, con un magnetismo puntale ed inarrestabile, era in grado di catturare gli occhi dell’amato pubblico.

Non poteva distrarsi, chi dalla platea alle gallerie, ti ammirava sulle tavole di un palco, perché il tuo modo personale di esprimere il comico metteva d’accordo un po’ tutti, ammiratori e detrattori, critici e gente semplice.
Hai mostrato a tutti che la comicità è un’arte da tramandare ed insegnare. Sono molti i tuoi discepoli che sulle tue orme continuano la folle impresa di alleviare i dolori della vita. Per te, bastava anche una barzelletta.
Porto con me il triste rammarico (diventato familiare) di non averti mai visto dal vivo, in scena. Mi accontento del DVD consumato con il personaggio che amo più di tutti “Toto e la Sauna”, mandato giù a memoria come i versi di Dante.

Caro Gigi, la mia testa d’uovo insieme alle altre proverà in questo mese a riportare alla memoria il meglio di te, quello che ci auguriamo resti, immortale come i tuoi personaggi densi di immagini, romanità e poesia.
Oggi “pióve” dentro con la malinconia novembrina, con un baffo a D’Annunzio e pure al tuo professore di liceo.
Però sorrido e dico: “A Gì’, nonromperca’ torna qua!”
Gabriella