
“Are you one of the madmen?”
È questo l’interrogativo che la giornalista dello Skyline magazine, Jeanie pone al David Bowie di Gabriel Range in “Stardust” (2020), interpretato da Johnny Flynn. Il film, ancora non uscito nelle sale a causa della pandemia, è ambientato nel 1971, durante il primo tour americano dell’artista britannico, ancora molto David Jones e poco David Bowie. Ma si sofferma anche sugli anni di gestazione dell’alieno Ziggy Stardust.
Stardust di Gabriel Range: la sinossi
Nel film di Gabriel Range assistiamo ad un Bowie piegato ai fallimenti iniziali della sua carriera, succeduti all’uscita dell’album “The Man Who Sold The World”, troppo triste e cupo secondo i produttori discografici e la critica. Il successo di “Space Oddity” era passato da ormai due anni e l’artista aveva accumulato solo 12 singoli che si erano rivelati un vero flop. In particolare, ad essere criticato è il singolo “All the Madmen”, che non ascoltiamo mai all’interno del film, ma le sue note riecheggiano nella testa degli ascoltatori fino ai titoli di coda. Ma l’addetto stampa della casa discografica Mercury, Ron Oberman (interpretato da Mark Maron), crede nel talento di Bowie e gli ha preparato quel tour promozionale.

Sbarcato in America, Flynn-Bowie ha problemi con la burocrazia, non ha un permesso di lavoro né un budget consistente e questo non gli permette di fare concerti o esibirsi in radio e televisione, il tour si limita così a performance in feste private e interviste scomode. Sembra che questo episodio sia accaduto realmente quando Bowie arrivò al Dulles International Airport di Washington il 23 gennaio 1971. Venne trattenuto per 45 minuti alla dogana per rispondere ad una serie di domande circa il suo abbigliamento inconsueto. Addosso aveva il suo cappotto di pelliccia blu Universal Witness.
Il regista britannico, ben conosciuto per il mockumentary su George W. Bush, “Death of a President”, ha scelto di incentrare tutta la pellicola sul timore di Bowie di essere affetto della stessa patologia per cui fu ricoverato suo fratello Terry, ossia la schizofrenia. Sin dai primi minuti il protagonista si ritrova a lottare contro se stesso, in preda al desiderio di successo ma anche all’incapacità di trovarsi una vera identità. Ciò che i giornalisti chiedono di continuo al cantante durante il tour è proprio questo: “Who is David Bowie?” Ma lui non sa cosa dire, dà risposte vaghe e si nasconde dietro a messaggi filosofeggianti. A comparire nel film è anche Terry Burns (Derek Moran), fratello di David, alle prese con i primi segnali della schizofrenia e con la permanenza in ospedale. Egli comparirà spesso nelle visioni di Bowie, soprattutto nei momenti in cui questo proverà a capire qualcosa di su se stesso.
Ed è tra queste isole che Bowie si sposta a fatica, alla ricerca della sua vera personalità. Spinto ad emergere e ad essere se stesso da Ron Oberman, l’artista finirà esasperato poiché per mostrarsi davvero a nudo non potrà fare altro che propagandare tutti i volti di sé. Ed è da questa frattura interna che giungerà finalmente ad una presa di coscienza che si tradurrà nell’esplosione e nella frenesia artistica e creativa dell’artista, ossia nell’ascesa di Ziggy Stardust. La pellicola si concluderà infatti con la rappresentazione del famoso concerto del 1972 ad Aylesbury.

Le motivazioni dietro la poca fortuna del film
Stardust, scritto da Christopher Bell e dal regista Gabriel Range, e diretto anche da quest’ultimo, è stato acquistato ad agosto 2020 da IFC Films e rilasciato il 25 novembre 2020 negli Stati Uniti. La prima presentazione sarebbe dovuta avvenire a New York al Tribeca Film Festival ma è stata rimandata a causa della pandemia ed è stato diffusa l’anteprima digitale solo per la stampa. La pellicola è stata così mostrata in anteprima in Italia, alla 15° edizione della Festa del Cinema di Roma ad ottobre 2020. Oltre a Johnny Flynn nei panni di David Bowie e a Marc Maron come Ron Oberman, il film vede anche la partecipazione di Jena Malone in Angie, la prima moglie del cantante. Se da una parte compaiono tutte le persone fondamentali della vita del Bowie ventenne, a non comparire è proprio l’essenza dell’artista, ovvero la sua musica. Gli eredi infatti non hanno approvato il biopic di Gabriel Range, né hanno concesso i diritti per utilizzare le sue canzoni.

In cambio, il regista ha scelto di far suonare a Flynn-Bowie delle cover eseguite dal cantante in quel periodo, come “I Wish You Want” degli Yardbirds e “My Death” del cantautore belga Jacques Brel. Ma questi arrangiamenti hanno portato ancora più discrepanze. L’assenza delle canzoni menzionate, come “All the Madmen” e “The Man who Sold the World”, nonché la mancata citazione di uno degli album più influenti che hanno anticipato la nascita di Ziggy Stardust, come Hunky Dory – nonostante l’omonimo brano sembra accennato nella soundtrack – pesano molto sullo spettatore e fanno perdere molti punti al film.
Stardust di Gabriel Range e l’ira degli eredi Bowie
Se nel febbraio 2019 sullo Screen Daily veniva annunciata la presenza di una colonna sonora e di performance dello stesso Bowie nel film, il regista Duncan Jones, figlio di Bowie, ha subito smentito la voce su Twitter. “Sono abbastanza sicuro che a nessuno siano stati concessi i diritti musicali per qualche film biografico… lo avrei saputo. Non sto dicendo che questo film non verrà realizzato. Onestamente non lo so. Sto dicendo che così com’è, il film non conterrà nessuna musica di mio padre, e non credo che questo cambierà. Stabilirà il pubblico se vedere un biopic senza la musica né la benedizione dei familiari.” Il figlio del compianto Bowie ha anche aggiunto che la pellicola non rappresenta una biografia pertanto non ne ha riconosciuto la canonicità.

Ma ciò che ha dissociato in maggior modo la famiglia è stato sicuramente la tematica della malattia mentale, piuttosto centrale nella pellicola. Non sono poche le persone a pensare che l’abilità di Bowie di creare molteplici immagini e suoni sia dovuta ad una schizofrenia di fondo. A confermare ancora di più le ipotesi sarebbero i numerosi personaggi costruiti da David durante la sua carriera, con il quale egli si è spesso identificato trovando addirittura alcune difficoltà ad uscirne fuori e a svestirsi dei panni della maschera di turno. Ma in origine, per quest’ondata di persone, ci sarebbe il timore dell’artista di finire come il fratellastro.
Ma quali sarebbero le probabilità di apprezzamento per un film con protagoniste icone musicali senza le colonne sonore originali? Inoltre bisogna fare anche i conti con il pubblico. I fan di Bowie che si aspettavano di vedere sullo schermo la travolgenza ed il carisma della rock star restano delusi nel constatare che la pellicola è percorsa solo da “brutte parrucche”, abiti discutibili e un’infinità di cover. In aggiunta, molti ammiratori hanno anche sottolineato che Bowie aveva espresso il desiderio di non avere film sulla sua vita.